Tumore al seno e disuguaglianze
A cura di Greta Piccininni
Nonostante il livello medio di salute stia progressivamente aumentando su scala globale, rimangono notevoli differenze in termini di opportunità: il rischio di ammalarsi di tumore e la capacità di curarsi non sono uguali per tutti.
Infatti, le disuguaglianze di tipo economico e sociale, come ad esempio reddito, istruzione, alloggio, lavoro, dieta, cultura, genere, etnia e ambiente, influenzano non solo la probabilità di manifestazione del tumore, ma anche l’accessibilità delle cure, e comportano livelli molto diversi di attenzione alla prevenzione.
Tumore e disuguaglianze nel mondo
In quasi tutti i paesi del mondo i tassi di mortalità del cancro sono più elevati nella popolazione più economicamente svantaggiata e che occupa i gradini più bassi della scala sociale . Questo vale sia per i paesi ricchi che per quelli poveri, ma è particolarmente evidente dove esiste un divario notevole tra le persone con diverso status. Basti pensare alle situazioni igienico-sanitarie in cui vivono in alcune zone del mondo le popolazioni indigene, le minoranze etniche e razziali o i rifugiati.
Sono molteplici i fattori che determinano queste differenze. Uno degli aspetti più importanti è lo stile di vita, spesso influenzato proprio dallo status socio-economico: gli individui che hanno una bassa posizione socioeconomica, tendono ad adottare comportamenti nocivi per la propria salute, che favoriscono l’insorgere di episodi tumorali. Diversi studi, ad esempio, hanno evidenziato come tra queste persone siano molto più frequenti e costanti l’abuso di fumo o di alcool, oppure un’alimentazione poco salutare .
I comportamenti individuali, però, non rappresentano una spiegazione sufficiente: ad essi vanno aggiunte anche le disuguaglianze di esposizione a fattori di rischio quali inquinamento atmosferico o ambienti di lavoro malsani, che sono molto variabili non solo tra paesi, ma anche all’interno delle stesse nazioni, tra regioni, città, quartieri e individui.
Disuguaglianze e sistemi sanitari nazionali
Le grandi disparità tra paesi non sono solo in termini di manifestazione del tumore, ma anche in termini di cura. In molte nazioni sono gli stessi sistemi sanitari ad amplificare le disuguaglianze, non fornendo una copertura sanitaria universale e non garantendo a tutti i propri cittadini l’accesso a servizi di diagnosi precoce, di trattamento e di chirurgia di alta qualità.
Spesso le cure migliori sono riservate a quella fetta di popolazione che si può permettere di investire ingenti somme di denaro nella propria salute. Per citare qualche dato, nel 2019 meno del 25% della popolazione globale aveva accesso ad interventi chirurgici di base contro il cancro.
Il tumore al seno non fa eccezione
Il cancro al seno è il tumore più diffuso e più letale nella popolazione femminile, sia nei paesi industrializzati che in quelli con poche risorse, e la sua incidenza e la sua mortalità continuano a crescere in tutto il mondo.
Esistono notevoli differenze nell’accesso ad una diagnosi precoce e ad un trattamento efficace. Queste disparità dipendono sia da determinanti sociali verticali (che derivano cioè dalla posizione socio-economica individuale) sia da determinanti orizzontali (dovute alle differenze geografiche).
Adeguati servizi di diagnosi precoce ed uno screening tempestivo e regolare riducono i tassi di mortalità del 20-30% nelle donne adulte, ma nei paesi in via di sviluppo il loro utilizzo è estremamente insufficiente, per tutti i fattori citati sopra: background educativo, mancanza di copertura assicurativa sanitaria, occupazione e reddito familiare, oltre a caratteristiche culturali quali particolari credenze o appartenenze religiose.
La situazione in Italia
Uno studio condotto in Italia ha evidenziato come nel nostro paese le disuguaglianze in termini di incidenza del tumore al seno, di sopravvivenza e di attuazione o adesione ad un efficace programma di screening sono molto marcate soprattutto in base all’appartenenza geografica.
I trend della mortalità del tumore alla mammella mostrano come essa stia diminuendo molto più velocemente nelle regioni del Centro e del Nord Italia, rispetto al Sud, e questo è particolarmente evidente nella fascia di età tra i 50 ed i 69 anni. All’interno di questa fascia, la percentuale di popolazione femminile che si sottopone allo screening mammografico nelle regioni settentrionali è dell’84% contro il 63% delle regioni meridionali, con picchi minimi in Campania (54%) e Calabria (58%).
Fortunatamente, stiamo assistendo in tutto il paese ad un aumento del numero delle donne che si sottopone a screening preventivo e ad una diminuzione del divario tra nord e sud del paese. Ciò, però, è dovuto principalmente ad un incremento degli screening spontanei (o individuali) nel Sud Italia. In quest’area l’offerta dei programmi organizzati è, infatti, ancora insufficiente: essi raggiungono poco più di un terzo della popolazione considerata nelle aree meridionali, contro almeno i due terzi di quelle settentrionali.
In questo modo le disuguaglianze non si attenuano, poiché esiste una parte della popolazione che non ha le capacità socio-economiche per partecipare ad un’attività costante di screening individuale.
Sono i programmi di screening organizzato, in cui è il Sistema Sanitario ad informare le persone dell’esistenza di controlli ed esami e a contattarle tramite avvisi o lettere per partecipare, che riducono le disuguaglianze sociali. Essi, infatti, rappresentano l’unica possibilità di fare prevenzione per il tumore al seno per le donne meno istruite o con maggiori difficoltà economiche.
References
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- https://www.epicentro.iss.it/passi/dati/ScreeningMammografico