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LA TRASFORMAZIONE DIGITALE IN MEDICINA

Cos’è la trasformazione digitale in medicina? Che cosa significa digital medicine? Che cos’è una terapia digitale? Se ne parla nel PNRR: a che punto siamo? Quali sono le implicazioni nella vita quotidiana? Queste sono solo alcune delle domande alle quali abbiamo tentato di rispondere in modo chiaro, cercando il giusto equilibrio fra il rigore scientifico e la chiarezza che si deve usare quando ci si rivolge ad un pubblico molto ampio.

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La Trasformazione Digitale in Medicina

NE ABBIAMO PARLATO CON:

Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali, Istituto Superiore di Sanità

Digital medicine e trasformazione digitale: Cosa è la trasformazione digitale in medicina? Che cosa significa digital medicine? Che cosa è una terapia digitale?

Giordano Veltro, UOC Sistemi informativi, gestione della logistica e provveditorato, portale della trasparenza, Agenas

PNRR: a che punto della roadmap siamo?

Andrea Belardinelli, Direttore del Settore Sanità Digitale e Innovazione della Direzione Sanità, welfare e Coesione Sociale, Regione Toscana

La trasformazione digitale in Toscana: quali opportunità? Quali barriere? Quali sfide?

Michelangelo Bartolo, Dirigente Medico Telemedicina Territoriale e Ospedaliera, Regione Lazio

La trasformazione digitale in Lazio: quali opportunità? Quali barriere? Quali sfide?

Andrea Tacchino, Ricercatore Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM)

Come le Associazioni Pazienti vedono la medicina digitale? Ci sono già delle iniziative intraprese? Cosa fare e con quali priorità?

Giacomo Vespasiani, Delegato AMD

La trasformazione digitale per le Società Scientifiche: come le Società Scientifiche affrontano la trasformazione digitale? Quali opportunità? Quali barriere? Quali sfide?

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I RELATORI RISPONDONO…

Durante l’evento sono state poste alcune domande. Di seguito le risposte della faculty:

Quale è il ruolo dei device e dei wearables nella medicina digitale?

Risponde Giacomo Vespasiani, Delegato AMD:

“Sicuramente poter avere informazioni da nuovi devices e devices indossabili rappresenterà in futuro una grande opportunità per puntualizzare meglio le risposte da dare ai diabetici. Dico risposte, intendendo terapie e consigli sulla prevenzione e cura delle complicanze, perché queste sono le cose che il diabetico si aspetta da noi. Il diabetico da moltissimi anni è abituato a raccogliere dati a casa (glicemie in alcuni momenti della giornata, da qualche anno glicemie durante tutta la giornata, informazioni su malattie intercorrenti, alimentazione, attività fisica, etc.) da inviare al medico. Purtroppo, però, la gran mole di informazioni, che se lette e valutate in tempo reale avrebbero prodotto molti consigli terapeutici concreti, fino a prima del covid venivano lette frettolosamente dal Diabetologo solo al momento della visita (2-3 volte all’anno). Questo approccio va totalmente rivisto. I dati vanno valutati man mano che si producono, da sistemi presidiati e non presidiati da medici. Solo la fruizione contestuale dei dati prodotti dal paziente potrà migliorare la sua cura. Pochi dati, visti tardi, servono, ma servono poco. Tanti dati da più fonti (nuovi devices e wearables) avranno efficacia reale solo in funzione della loro elaborazione e delle deduzioni che in tempo brevissimo si possono ottenere. Se non sarà così, i dati dei nuovi devices e wearables saranno informazioni “cosmetiche” e “di moda” ma non utili a chi ha una malattia come il diabete.”

Risponde Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali, Istituto Superiore di Sanità:

“Ogni area specialistica ha la responsabilità di indicare come la telemedicina sia correttamente declinata e applicata in favore dei relativi pazienti.

Il Centro Nazionale per la Telemedicina dell’ISS sta lavorando per questo dal 2019, organizzando gruppi nazionali di consensus con le società scientifiche delle varie discipline e con la collaborazione delle associazioni di pazienti per quanto possibile. Tali gruppi elaborano dei documenti di riferimento per le varie specialità che poi il Centro Nazionale per la Telemedicina inoltra al Sistema Nazionale Linee Guida per elevare tali documenti al rango di buone pratiche ai sensi della legge sulla responsabilità sanitaria.

Attualmente sono attivi i seguenti gruppi: teleneurofisiologia clinica, telecardiologia, teleriabilitazione e teleassistenza, telefarmacia ospedaliera, teleonocologia, telenefrologia, telemedicina per diabete e obesità.

Sono in fase di allestimento i gruppi di telepediatria, telereumatologia e telemedicina per la chirurgia generale e toracica.

Altri ne organizzeremo nei mesi futuri a mano a mano che portiamo a compimento i primi. Purtroppo, le risorse attribuite al Centro Nazionale non ci consentono di attivarne altri contemporaneamente.”

Risponde Andrea Tacchino, Ricercatore Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM):

“La trasformazione digitale attualmente in atto porta con sé la necessità di gestire alcune questioni etiche e di policy dei dati, che talvolta hanno implicazioni di tipo legale. La regolamentazione in materia è vasta e non ancora definitiva. Descriverne in modo compiuto lo stato dell’arte è un compito arduo e richiede il rimando alle normative e ai testi di riferimento.

Focalizzandoci sul diritto alla protezione dei dati sappiamo che questo è definito dalla Carta europea dei diritti dell’uomo e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tali documenti rendono effettivo il diritto alla privacy fornendo ad ogni individuo il controllo sul modo in cui le informazioni personali sono raccolte e utilizzate. Inoltre, il Regolamento UE 2016/679 relativo alla protezione dei dati personali (GDPR) definisce le categorie di dati che meritano speciale protezione e riservatezza (in particolare si veda art. 9 del GDPR e art. 10 del GDPR). Le nuove tecnologie della comunicazione pongono oggi sfide difficili e complesse, dovute alla veloce proliferazione delle connessioni mobili, della progressiva integrazione dei diversi strumenti di comunicazione, dello sviluppo innovativo delle applicazioni tecnologiche comprese quelle wearable. La tecnologia consente di conoscerci meglio, di conoscere meglio il mondo che ci circonda, ma anche di far conoscere noi stessi. Ogni giorno, versiamo nella rete una quantità enorme di dati personali, immagini, pensieri, pezzi della nostra vita e identità che costituiscono quella che in gergo viene chiamata profilazione.

Se nello spazio fisico possiamo giovare di regole e tutele per prevenire situazioni di pericolo, nello spazio digitale si è ancora lontani da questo obbiettivo. Infatti, nello spazio digitale le nostre persone sono costantemente sotto attacco, informazioni che riguardano strettamente parti fondamentali della nostra esistenza possono essere manipolate o rubate, e in generale la nostra privacy può essere violata. Conseguenze sono nuove forme di criminalità, dal cyberbullismo al furto di identità, fino alla più organizzata criminalità cybernetica.

Accanto alla protezione dei dati tramite adeguati processi tecnici e tecnologici (ad es. cifratura dei dati e crittografia per la loro trasmissione), alcune importanti indicazioni devono essere tenute in considerazione tra cui la limitazione alla consultazione dei dati ai soli soggetti effettivamente legittimati a trattarli, tracciabilità degli accessi e delle attività svolte rispetto alle tipologie di trattamento dei dati, e notificazioni al Garante di possibili violazioni ai sistemi (c.d. data breach).”

Risponde Michelangelo Bartolo, Dirigente Medico Telemedicina Territoriale e Ospedaliera, Regione Lazio:

La questione è nodale, e per rispondere non basterebbe un convegno. Lo sforzo delle Regioni è proprio quello di recepire e attuare le linee guida di Agenas sui servizi di telemedicina e non solo. Le linee guida sui percorsi assistenziali, per ogni tipo di prestazione di telemedicina, i criteri di interoperabilità, privacy e sicurezza diventeranno i prerequisiti di ogni servizio di telemedicina. Standard uniformati saranno a breve la conditio sine qua non di ogni servizio di medicina digitale. C’è bisogno però, non solo di adeguamenti tecnologici ma anche di un cambiamento culturale da parte di tutti gli operatori sanitari, e l’esigenza di sviluppare nuove professionalità. Il FSE, dovrà diventare uno strumento centrale e le nuove linee guida sull’implementazione del FSE dettano le regole della sanità digitale di domani. Ovviamente c’è bisogno di tempo, tutti i cambiamenti hanno bisogno di un periodo di transizione che richiede flessibilità e apertura da parte di ogni operatore sanitario ma anche da parte dei pazienti.

Risponde Giordano Veltro, UOC Sistemi informativi, gestione della logistica e provveditorato, portale della trasparenza, Agenas:

Per le piattaforme regionali già operative e consolidate nei territori regionali si prevede, una volta che la piattaforma nazionale sarà operativa, un’integrazione per l’adozione dei servizi abilitanti realizzati. Questo processo permetterà ad ogni piattaforma regionale l’accesso all’ecosistema dei dati sanitari a livello nazionale ed una serie di servizi che garantiranno appunto l’interoperabilità tra infrastrutture.

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